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Pittrice di emozioni

 

Magia, fantasticheria, poesia e immersione nella natura. Hanno un sapore arcaico le parole che ricorrono più frequentemente nei discorsi di Mara Montanari, quarantenne carpigiana, pittrice di emozioni e grande sperimentatrice. Frutto degli esperimenti più recenti sono le grandi sculture dove il metallo si accoppia a sinuose foglie di loto “pietrificate” e dipinte a colori vivacissimi, a formare fiori tropicali, animali, figure fantastiche esposte, insieme ai dipinti realizzati tra il ‘90 e il ‘95, presso la sede centrale della Banca popolare dell’Emilia fino a venerdì 24 aprile. «Ho inventato un procedimento di “magia” - racconta Mara - usando degli oli, con la convinzione che doveva funzionare. Quella di dipingere foglie grandi era un’idea che mi accompagnava da anni, come quella che, attraverso le mie opere avrei dovuto unirmi alla natura in un contatto quasi fisico».

E la natura, intesa come “fonte e percorso di conoscenza” e non come figurativo naturalistico è la principale protagonista del lavoro di quest’insolita artista, che produce poco e fa di ogni quadro o scultura la sintesi di un «lungo e intenso lavorio spirituale e mentale. Forse se fossi più tranquilla - commenta - ne farei di più. Potrei divertirmi realizzando delle serie o ripetendo lo stesso soggetto, come mi ha suggerito qualche critico, ma il mio lavoro perderebbe senso, significato e non mi darebbe nessuna soddisfazione» . Invece così, ogni volta è una ricerca: «Alle volte parto da un titolo affascinante, spesso qualcosa di evocativo e di poetico, che stimoli la mia immaginazione e soprattutto susciti emozioni, e da lì comincio il viaggio che mi porterà al dipinto. Altre volte mi ispiro con la poesia o la musica. L’importante è che sia emozionante, perché un quadro è un insieme di emozioni» .

Sulla tela le immagini si uniscono alle parole, citazioni, versi di poesie (e il riferimento palese è a Mirò, fra gli artisti più amati da Mara) ma sempre il richiamo è alla natura «la mia passione da sempre», che sia il mare o la foresta tropicale, che ricorre con frequenza, anche se «nella realtà non la conosco. I miei viaggi passano sempre attraverso le pagine di un libro» . La mostra nei locali della banca, cosa piuttosto insolita per Carpi ma molto frequente all’estero, soprattutto in Svizzera dove molte banche sono dotate di sale espositive e da concerto e svolgono attività di promozione di giovani artisti, è arrivata, come sempre, quasi per caso e al momento giusto. «Anche se non bazzico le gallerie, arriva un momento in cui hai voglia di farti vedere per avere un confronto e per comunicare con gli altri attraverso il tuo lavoro» . Dopotutto nessuno dipinge per se stesso. Tanto meno un’artista non per hobby o per mestiere ma, si potrebbe dire, per dare voce all’anima.

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Laura Parenti​

Dal settimanale Voce (Carpi, 23-04-98)

Nel giardino delle muse

Nell’atto di attraversare il cancello grande della Pretura, eccezionalmente aperto su viale Carducci, provo lo stesso imbarazzo dei bambini protagonisti del “Gigante egoista” che entrano nel giardino proibito. L’occasione me la offrono alcuni artisti carpigiani che hanno deciso di consacrare questo luogo un po’ segreto ed esclusivo all’arte, trasformandolo in una galleria estemporanea. Si tratta di una scelta molto felice che consente di fruire la bellezza, nelle sue due forme kantiane. Da un lato appare quella “libera”, della natura che si offre allo sguardo nella varietà degli alberi e nel trionfo di ortensie della grande aiuola centrale, dall’altra la bellezza “aderente”, che ha bisogno di un supporto materico e rappresentativo per essere. A volte tra un piano e l’altro dell’esperienza si avvertono delle mediazioni possibili, come nei lavori di Mara Montanari. Le sue installazioni di acciaio dipinto ondeggiano nello spazio e aprono un dialogo proficuo tra la natura che ritraggono e quella reale in cui si collocano. Si tratta di forme primordiali e simboliche che chiamano in causa il vento, la terra, le forze elementari, il magico, forse l’inconscio attraverso la moltiplicazione di una forma base eruttiva e generatrice di vita.


Pietro Marmiroli
Dal settimanale Voce  (Carpi, 11-07-96)

Dense visioni oniriche

Alla Galleria Teorema, dall’8 al 20 giugno, ha esposto Mara Montanari.
Pittrice sensibile ai moti dell’essere e del divenire, stimolata da impulsi provenienti da linguaggi universali, esprime le proprie emozioni con vigore, alimentate da una linfa proveniente da eventi sociali. I nuovi mezzi di comunicazione - editoria, televisione, cinema e mass-media - costituiscono fonte d’insegnamento e contribuiscono a maturare il linguaggio, composto da simboli e segni. Vibrazioni percepite sempre con partecipazione logica, le cui radici affondano nel substrato esistenziale per sconfinare in visioni oniriche, dense nelle campiture cromatiche espressioniste. Tale linguaggio, se considerato in riferimento alle tendenze che hanno caratterizzato i primi decenni della seconda metà del nostro secolo, sembrerebbe atipico, invece, nelle opere di Mara Montanari assume fisionomia originale, inedita e volta verso il futuro. Quindi, non una espressione dell’essere ma del divenire, dove segni-colori-parole si fondono e sfociano in nuove attese, nuove frontiere, non più verso l’interno dell’essere, bensì verso spazi siderali, verso nuove avventure nello spazio-tempo, in pieno dinamismo: metamorfosi composta da immagini e parole che si integrano e formano il linguaggio dell’artista, sempre aperto a nuove proposte.


Giuseppe Labate
Dal settimanale Alla Bottega            (Firenze,16-09-92)

Le possibilità della narrazione grafica

Mara Montanari, con una percettività istintiva, precipitosa, sovente tormentata e nello stesso tempo rigorosamente logica, cerca nuove vie sperimentali nel campo della rappresentazione pittorica. Tutto è, per questa “ricercatrice” costantemente intenta ad una stesura artistica significativa del suo conflittuale divenire, motivo per misurarsi con le infinite possibilità della narrazione grafica. Linguaggi nel linguaggio, colori nel colore, bianco su bianco, rosso nel rosso, le vibrazioni si sovrappongono e si intrecciano. Le sue opere, scenografie per atmosfere: Caliban’s couch, raccolgono e disperdono lo spazio della favola e, successivamente, diventano degli “a solo” pregni di arcaiche reminiscenze. I lavori di Mara Montanari vivono una dinamica competizione, sfida di evocazioni, tra la forma definita della “foglia” e la trasgressione coloristica che la ricopre. Questo dinamismo compositivo, continua in altre opere, temi diversi, ma sostanzialmente analoghi nella concezione creativa. Immagini e parole si contendono sulla tela il primato della rappresentazione: il simbolo ed il segno sono specchio del convenzionale e del soggettivo. Si hanno in questo modo diversi livelli di intensità comunicativa, che non sono da collocare in uno sperimentalismo anni Settanta e nemmeno come trasgressione provocatrice, ma come figurazione tesa a sfuggire l’univocità del senso, lasciando affiorare dalle “esecuzioni” di Mara Montanari una molteplicità di esperienze e sollecitazioni.

Franca Casarini

(Carpi, 08-06-92)

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